Sapere 4/2016
I mozziconi di sigaretta: una minaccia per l’ambiente
di Giuliano Bonanomi e Virginia Lanzotti
Clima, scienza e danaro
di Enrico Bonatti
Un nuovo algoritmo per il confronto di reti
di Vincenzo Bonifaci
Passato, presente e futuro degli oscillatori chimici
di Marcello A. Budroni e Federico Rossi
La vita e le diversità connesse
di Marcello Buiatti
Gli articoli
Il bazar della scienza
di Nicola Armaroli
SATELLITE
news a cura di Valentina Tudisca
ARTICOLI
AMBIENTE
I mozziconi di sigaretta: una persistente minaccia per l’ambiente
di Giuliano Bonanomi e Virginia Lanzotti
SCIENZA E SOCIETÀ
Clima, scienza e danaro
di Enrico Bonatti
COMPLESSITÀ
Un nuovo algoritmo per il confronto di reti
di Vincenzo Bonifaci
CHIMICA
Passato, presente e futuro degli oscillatori chimici
di Marcello A. Budroni e Federico Rossi
BIOLOGIA
La vita e le diversità connesse
di Marcello Buiatti
SCIENZA A SCUOLA
Caldo e freddo
di Marcello Sala e Marco Testa
STORIE DI SCIENZA
Terremoti e petrolio
di Vincenzo Palermo
RUBRICHE
TERRA, TERRA!
Come si sollevano le montagne?
di Alina Polonia
INNOVAZIONE 2.0
Accelerazione al plasma
di Antonella Del Rosso
HOMO MATHEMATICUS
Previsioni del tempo
di Roberto Natalini
LA FORMULA
Una verità indimostrabile?
di Tommaso Castellani
FISICA? UN GIOCO
E = mc2, un altro lato della “Forza”
di Federico Benuzzi
MOLECOLE IN CUCINA
Sensazioni... superficiali
di Hervé This
SPAZIO ALLA SCUOLA
Il cronopio e le Indicazioni Nazionali
di Stefano Sandrelli
L’ISTINTO MUSICALE
Non solo una fase
di Philip Ball
PROTEINE OPERAIE
La proteina di Lombroso
di Massimo Trotta
SCIENZA LIGHT
LIBRI
IL RACCONTO
Copyright per un amore
di Francesco Paloschi
BUFALE E MISTERI
Le scie chimiche: una balla colossale
di Monica Marelli
DISSAPERI
Quasi come X-Men
di Stefano Pisani
GRAPHIC NOVEL Alan Turing
di Livia Pentassuglia
CRUCISCIENZA
di Lorenzo Di Sipio
Il bazar della scienza
Nicola Armaroli
Gli scienziati si controllano a vicenda. Il sistema si chiama peer review (revisione tra pari); la procedura è laboriosa, ma dovrebbe garantire la qualità della produzione scientifica. Come funziona? I risultati di una ricerca sono inviati a una rivista specializzata in forma di articolo; la scelta è ampia: centinaia di giornali classificati su complesse scale di qualità. Lo staff della rivista seleziona esperti internazionali (referee, cioè arbitri) per valutare il lavoro; tipicamente tre, lavorano gratuitamente e sono coperti da anonimato. Entro un mese, i referee inviano il loro giudizio all’editor della rivista che, sulla base dei commenti ricevuti, prende un’inappellabile decisione. Raramente il lavoro è accettato subito: di solito si chiedono chiarimenti ed esperimenti aggiuntivi. Spesso il lavoro è rifiutato e gli autori, generalmente, lo propongono a riviste meno prestigiose sino a trovarne una disposta a pubblicarlo.
Il sistema peer review ha funzionato egregiamente per oltre un secolo, contribuendo in maniera cruciale allo sviluppo della scienza. Tuttavia, negli ultimi 15 anni, la situazione si è progressivamente deteriorata sino a creare i presupposti per una tempesta perfetta. Il numero di lavori scientifici è aumentato a dismisura, anche grazie al boom della scienza cinese e indiana. I referee sono sempre più in affanno a svolgere il loro lavoro in maniera accurata, poiché aumentano continuamente le richieste da parte delle riviste. D’altro canto, lo sviluppo di potenti software grafici ha reso incredibilmente semplice aggiustare, falsificare o persino inventare di sana pianta i dati da pubblicare, e in questi casi il referee è impotente. Questi comportamenti criminali sono una delle perverse conseguenze di una competizione sempre più spietata che spinge le riviste migliori ad accettare solo (presunti) risultati eccezionali e le agenzie di finanziamento a sovvenzionare solo scienziati che pubblicano sulle migliori riviste. In breve: spararla grossa paga e la tentazione è forte. In alcuni Paesi, i ricercatori sono letteralmente pagati a cottimo: il salario è legato al numero dei lavori pubblicati e al prestigio delle riviste. Questa pratica sta avvelenando i pozzi del complesso e fragile edificio della scienza, fondato sull’integrità morale dei ricercatori.
In tale contesto deteriorato, i giornali scientifici continuano ad aumentare. Un esempio: un tempo la rivista Nature era unica, oggi conta 46 (!) riviste sorelle su settori specifici. Ogni editore ha ormai creato una batteria di riviste “minori” dove convogliare tutto quello che non sfonda sui titoli principali. Il palcoscenico editoriale si espande anche perché, nell’era digitale, un giornale ha costi irrisori. E mentre ogni settimana spunta un nuovo titolo, la qualità di quanto si pubblica tende a calare.
Negli ultimi giorni ho valutato quattro lavori per importanti riviste internazionali, tre dei quali contenevano gravi errori concettuali. Vent’anni fa questo era impensabile. Oggi, purtroppo, anche articoli di questo calibro possono passare la valutazione, segno inequivocabile che gli anticorpi del tradizionale peer review non bastano più a controllare un sistema profondamente cambiato e iperspecializzato, in cui si annidano persino cartelli di referee che presidiano interi settori, non sempre in modo corretto.
La scienza rischia di affogare in un mare di dati formalmente certificati ma sempre meno affidabili; l’ossessione della ricerca applicata a tutti i costi mette ulteriore benzina sul fuoco. George Feher disse che per alcuni la scienza è una vacca sacra, ma altri la trasformano in hamburger. Per fermare il bazar della scienza che rischia di travolgere tutto, gli scienziati devono innanzitutto fare un po’ di autocritica. Non siamo venditori, né di fumo né di carriere.