Sapere 2/2020
Coronavirus e percezione del rischio
di Liliana Cori e Fabrizio Bianchi
Una giornata a misurar ghiacciai
di Guido Nigrelli
I commercianti di illusioni
di Marco Ferrazzoli e Flaminia Donnini
Uno sguardo alla termodinamica dei buchi neri
di Fulvio Ricci
L’uso del computer e l’origine della vita
di Giuseppe Cassone e Franz Saija
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9788822094421
fascicolo:
Sapere - numero 2
anno:
2020
mese:
marzo-aprile
Gli articoli
Basta struzzi
di Nicola Armaroli
SATELLITE
news a cura di Luigi Minervini
ARTICOLI
EPIDEMIOLOGIA
Coronavirus e percezione del rischio
di Liliana Cori e Fabrizio Bianchi
GLACIOLOGIA
Una giornata a misurar ghiacciai
di Guido Nigrelli
SCIENZA E SOCIETÀ
I commercianti di illusioni
di Marco Ferrazzoli e Flaminia Donnini
GRAVITÀ QUANTISTICA
Uno sguardo alla termodinamica dei buchi neri
di Fulvio Ricci
BIOCHIMICA
L’uso del computer e l’origine della vita
di Giuseppe Cassone e Franz Saija
SCIENZA A SCUOLA
Estrazione binaria
di Emanuela Ughi
STORIE DI SCIENZA
Sangue e soldi nella Silicon Valley
di Vincenzo Palermo
STORIE DI...
Un algoritmo della moltiplicazione
nascosto in una filastrocca
di Bruno Jannamorelli
RUBRICHE
DIAMO I NUMERI!
La matematica del contagio
di Federico Benuzzi
TERRA, TERRA!
Il fiume senza tempo
di Alina Polonia
PROTEINE OPERAIE
Elio e le proteine tese
di Massimo Trotta
MOLECOLE IN CUCINA
Dallo chaptal al vauquelin
di Hervé This
Coscienziat@
Catastrofe climatica
di Marco Cervino e Cristina Mangia
HOMO MATHEMATICUS
I funghi condizionati
di Roberto Natalini
SPAZIO ALLA SCUOLA
L’Osservatorio Virtuale? È reale!
di Stefano Sandrelli
CERVELLI NON IN FUGA
Le patate e i loro geni “pittori”
di Vincenzo D’Amelia
L’ISTINTO MUSICALE
Udire le parole
di Philip Ball
NUMERI IN GIOCO
Referenze autoreferenziali
di Ennio Peres
SCIENZA LIGHT
LIBRI
IL RACCONTO
Il solitone, ovvero l’onda anomala
di Andrea Frova
BUFALE E MISTERI
Segnali misteriosi dallo spazio
di Monica Marelli
SCIENZA DA TAVOLO
Pandemia, quando è in gioco il destino del mondo
di Marco Signore
GRAPHIC NOVEL
Il colore del cielo
di Francesca Bonifazi
LA MAPPA
There’s a little black spot on the Sun today...
Nicola Armaroli
Noi nati negli anni ’60 siamo cresciuti a pane e Guerra fredda. Ai tempi del liceo abbiamo manifestato contro le basi missilistiche in Europa e abbiamo macinato film e libri che parlavano di spie, rifugi antiatomici e inverno nucleare. Era tutto sommato un mondo semplice: i buoni da una parte, i cattivi dall’altra. Scagli la prima pietra chi non ricorda il babbo o il nonno sbraitare contro amici che avevano un’opinione opposta alla loro su buoni e cattivi. Nel mondo tagliato con l’accetta della nostra infanzia e gioventù abbiamo rischiato ripetutamente di essere cancellati dalla faccia della Terra da una guerra nucleare. Ogni volta, però, abbiamo avuto la fortuna di trovare uomini intelligenti e coraggiosi che hanno evitato il peggio, tra questi l’astro nascente Bob Kennedy (principale consigliere del fratello Presidente, John) nel 1962 o l’oscuro colonnello dell’Armata Rossa Stanislav Petrov nel 1983. Due persone cui l’umanità non è stata particolarmente grata.
Con questa formazione culturale – e con la cicatrice del vaccino del vaiolo ben stampata sul nostro braccio – noi ragazzi della Guerra fredda siamo rimasti costernati dall’attacco non convenzionale di COVID-19. Il mostro è arrivato dalla Cina: fin qui i nostri schemi, che prevedevano invasioni comuniste da est, hanno tenuto. Tuttavia, si è fatto strada senza fuoco e fiamme, e ci siamo rassegnati all’invasione solo quando siamo stati confinati in casa con il nemico in corpo. Tendiamo infatti a credere solo alle cose che vediamo, quindi rigettiamo istintivamente l’idea di un oggetto di circa 100 miliardesimi di metro che si riproduce silenziosamente dentro le nostre cellule. Mentre vi scrivo, molti cittadini di tutta Europa (e non solo) credono ancora che il killer invisibile non li riguarderà: pare non si trovi nessuno che abbia il coraggio di deluderli. Fra pochi giorni se ne pentiranno.
Era impossibile prevedere il mostro? No, i centri di ricerca e le autorità sanitarie internazionali sollevavano da tempo l’allarme. Nel maggio 2017 una copertina inquietante del settimanale Time scriveva: “ATTENZIONE: non siamo pronti per la prossima pandemia”. Evidentemente, non era un segreto di Stato. Del resto quasi nessuno lo sa, ma l’abbiamo già scampata più volte: nel 2016 il virus H7N9 (la cosiddetta “aviaria”) ha causato la polmonite nell’88% degli infettati, di questi il 75% sono finiti in terapia intensiva e il 41% sono morti. Se il virus H7N9 acquisisse la capacità di passare da persona a persona risolverebbe in modo sbrigativo il problema della sovrappopolazione, sconquassando la nostra civiltà. Anche Ebola rimane un rischio piuttosto serio.
Di fronte a queste minacce esiziali e certificate, assistiamo in questi giorni al pietoso spettacolo di governi che sbarrano i confini o vietano l’esportazione di dispositivi medici. Non esiste un minimo di coordinamento internazionale per affrontare un rischio globale con caratteristiche uniche: non è geograficamente confinabile, distrugge le persone da dentro e non da fuori, colpisce duramente i soccorritori, lascia intatte tutte le infrastrutture tranne quelle ospedaliere.
Ancora una volta agiamo solo in base all’emergenza, e questo è disperante. Nell’emergenza, però, adottiamo in breve tempo misure straordinarie che solo tre giorni prima ci sarebbero parse fantascienza. Lo dico con forza: la nostra civiltà – complicatissima e interconnessa, lontana ormai anni luce da quella della Guerra fredda, ma ancora più fragile – è con il grilletto alla tempia a causa non di uno, ma di tre rischi micidiali che richiedono sforzi internazionali drastici e immediati: cambiamento climatico, pandemie, e (ancora) guerra nucleare. Che la batosta serva a stamparci nel cervello questa scomoda verità.
Bob Kennedy e Stanislav Petrov ci mancano tanto. Cercansi leader e persone coraggiose e lungimiranti all’altezza di quello che non possiamo più rimandare.