Sapere 6/2020
La matematica del mondo
intervista di Tommaso Castellani
ad Alfio Quarteroni
Il destino del carbonio negli ecosistemi terrestri
di Andrea Scartazza e Olga Gavrichkova
Intelligenza artificiale: i nodi etici e giuridici
di Arianna Neri
Il bioristor e il futuro dell’agricoltura
di Filippo Vurro e Michela Janni
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di Eleonora Polo
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Per molti di noi il mare è solo una sterminata distesa d’acqua utile a scolpire nella mente ricordi memorabili di relax e vacanze. Il mondo che giace là sotto ci è per lo più ignoto. Io, ad esempio, ho scoperto da poco che esistono le foreste di kelp, enormi alghe che creano ecosistemi unici, caratterizzati da una biodiversità esplosiva. Nel dicembre 2015 subacquei e ricercatori si godevano e studiavano, come sempre, l’immensa foresta di kelp della Tasmania. Nel corso dell’estate australe, un’ondata di calore senza precedenti disintegrò quella meraviglia della natura: a marzo 2016 un lugubre fondale, piatto e senza vita, aveva preso il posto della foresta sottomarina. Fu l’ennesimo messaggio: il riscaldamento globale è già oggi una minaccia mortale.
Per quattro persone su dieci il mare è la fonte primaria di cibo. L’ecosistema marino produce il 70% dell’ossigeno atmosferico. Gli oceani hanno assorbito oltre il 90% del calore generato dall’effetto serra antropogenico; senza questo effetto stabilizzante, le terre emerse sarebbero già in buona parte desertificate. Le correnti marine sono un fattore chiave nel sistema di controllo del clima terrestre, come la Corrente del Golfo ci insegna, ma lo scioglimento dei ghiacci polari rischia di sconvolgere questo sistema di termoregolazione. Mari e oceani hanno anche un’enorme rilevanza economica: sono la voce principale nell’industria mondiale del turismo, che vale 2500 miliardi di euro, mentre il 90% del commercio globale viaggia su autostrade marine. Sono anche una risorsa potenziale colossale: la produzione eolica offshore potrebbe soddisfare una frazione importante della domanda elettrica; nei fondali marini sono poi annidate enormi risorse minerali che in futuro potrebbero soddisfare la crescente domanda di metalli necessari per la transizione energetica: nichel, cobalto, manganese. Questa interessante prospettiva pone però diversi interrogativi tecnici ed etici.
Mari e oceani sono letteralmente l’assicurazione sulla vita del genere umano, eppure la cosa pare non essere in cima ai nostri pensieri, visto che il loro maltrattamento prosegue senza sosta. Ogni anno versiamo in mare milioni di tonnellate di rifiuti: oggi sono otto milioni, ma crescono continuamente. Le aree costiere in prossimità della foce dei grandi fiumi sono spesso devastate dai processi di eutrofizzazione innescati dal deflusso di abnormi quantità di fertilizzanti. La capacità rigenerativa delle specie ittiche non è più in grado di reggere la pesca intensiva: il 30% dei mari si sta letteralmente svuotando e, verso la metà del secolo, gli oceani conterranno più plastica che pesci.
Attualmente il 7% delle acque mondiali è area protetta, tuttavia le regole sono flessibili e solo il 2,5% è completamente preservato da ogni tipo di sfruttamento e abuso. Molti interessi si oppongono alla costituzione di santuari marini: le industrie degli idrocarburi e della pesca sono particolarmente attive. Quest’ultima, poi, spicca per la sua scarsa lungimiranza: è scientificamente dimostrato che nelle zone ai confini con le aree protette la pesca è abbondante e sostenibile nel tempo. Non occorre un genio a intuire perché.
Il governo globale dei mari è un problema davvero intricato: sono in gioco grandi interessi di singoli Stati e la gestione di un’immensa vastità di acque internazionali, di tutti e di nessuno. Eppure i mari hanno dimostrato che, proprio come può essere repentina la catastrofe, altrettanto veloce può essere la guarigione. Si stima che sia necessario proteggere almeno il 35% dei mari e degli oceani per mantenerli così in salute da garantire la nostra sopravvivenza nel lungo termine. Siamo lontanissimi dal traguardo.
Negoziati internazionali sono in fase di avvio. Teniamoli d’occhio, se ci sta a cuore il futuro.