Sapere 5/2021
La rivoluzione esoplanetaria
di Giuseppe Malaguti
Mappare lo spazio-tempo dell’Universo
di Mariateresa Crosta
INTEGRAL reloaded
di Angela Bazzano e Pietro Ubertini
Il cielo ai raggi gamma di altissima energia
di Lucio Angelo Antonelli
Il telescopio spaziale James Webb
di Monica Tosi
L’osservatorio SKA: il più grande radiotelescopio del mondo
di Grazia M. Umana
Gli articoli
EDITORIALE
Le chiacchiere sul nucleare
di Nicola Armaroli
GUEST EDITORIAL
Astronomia: la scienza più antica
e più moderna
di Patrizia Caraveo
SATELLITE
newsa cura di Luigi Minervini
ARTICOLI
esopianeti
La rivoluzione esoplanetaria
di Giuseppe Malaguti
astrometria gravitazionale
Mappare lo spazio-tempo dell’Universo che ci circonda, dal Sole verso miliardi di stelle
di Mariateresa Crosta
astronomia multi-messaggera
INTEGRAL reloaded
di Angela Bazzano e Pietro Ubertini
universo violento
Il cielo ai raggi gamma di altissima energia
di Lucio Angelo Antonelli
osservazione spaziale
Il telescopio spaziale James Webb
di Monica Tosi
radioastronomia futura
L’osservatorio SKA: la costruzione del più grande radiotelescopio del mondo
di Grazia M. Umana
SCIENZA A SCUOLA
L’essenziale è invisibile agli occhi
di Armando Pisani
STORIE DI SCIENZA
Dove nessun uomo è mai giunto
di Vincenzo Palermo
RUBRICHE
terra, terra!
Rischi geologici dal cielo
di Alina Polonia
l’istinto musicale
Ascoltare l’Universo
di Philip Ball
spazio alla scuola
L’astronomia per un mondo migliore
di Stefano Sandrelli
COSCIENZIAT@
Classici fuochi
di Marco Cervino e Cristina Mangia
proteine operaie
L’olezzo in fondo al tunnel
di Massimo Trotta
homo mathematicus
Camminando nella pazza folla
di Roberto Natalini
Bufale e misteri
L’anomalia del Sud Atlantico
di Monica Marelli
SCIENZA LIGHT
IL RACCONTO
A caccia di satelliti
di Giulia Bignami
GRAPHIC NOVEL
Ipazia
di Silvia Sbaragli e Andrea De Carli
LA MAPPA
E incominciavo a volare nel cielo infinito...
Le chiacchiere sul nucleare
Da anni ho deciso di non partecipare più a dibattiti sul nucleare, che diventano immancabilmente una sterile contrapposizione fra tifoserie. Potrei scrivere dieci editoriali sui motivi economici, tecnici ed etici per cui il nucleare è finito su un binario morto. Ma lasciamo perdere gli argomenti pro e contro, e andiamo al punto: perché il dibattito sul nucleare in Italia è totalmente inutile?
Un reattore nucleare non si accende e spegne come un phon. Per questo motivo si presta a coprire il carico di base (baseload) di un sistema elettrico, cioè la domanda di potenza sotto la quale non si scende mai. Il baseload italiano è circa 25 GW, quindi occorrerebbe installare almeno 20 GW di centrali a fissione. Accontentiamoci della metà: 10 GW, cioè dieci centrali nucleari standard da 1 GW. Occorrerebbe localizzare dieci siti idonei, in un Paese a elevato rischio sismico e in dissesto idrogeologico, dove da anni non si riesce a localizzare un solo sito per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari. Ammettiamo pure di individuare questi dieci siti in un tripudio popolare, in rigorosa ottemperanza a un punto cardine della transizione ecologica in corso: la sostenibilità sociale. A questo punto dovremmo trovare aziende disposte a investire almeno 100 miliardi di euro (una centrale da un 1 GW costa almeno 10 miliardi). Non so voi, ma io già mi vedo la fila dei volonterosi con 100 miliardi da investire sul nucleare in Italia.
Passiamo oltre: quanto tempo occorrerebbe? In uno slancio di ottimismo supponiamo di metterci dieci anni. Nonostante si tratti di un’ipotesi totalmente irrealistica, sarebbe comunque troppo, perché fra dieci anni dovremo già aver decarbonizzato, anno dopo anno, il sistema elettrico, secondo gli obiettivi UE. In conclusione, persino nelle ipotesi più minimali e irrealistiche (10 GW, 100 miliardi, 10 anni) parlare di nucleare equivale a parlare di nulla. Figuriamoci in quelle realistiche.
Se allarghiamo lo sguardo al mondo intero, la situazione non migliora. Affinché il nucleare possa giocare un ruolo rilevante nella produzione elettrica mondiale, bisognerebbe costruire almeno 3000 centrali da 1000 MW, cioè due alla settimana da qui al 2050, cominciando domattina. Negli anni d’oro (1960-1980) si è arrivati al massimo a costruirne occasionalmente trenta all’anno. E comunque, a questi ipotetici ritmi, non avremmo uranio a sufficienza. Ovvero lo avremmo solo nella mente di chi vagheggia da decenni l’estrazione di uranio dall’acqua di mare, ma temo non abbia mai fatto due conti sulle ciclopiche quantità di acqua che si dovrebbero processare.
So che a questo punto sorge l’obiezione: non si faranno centrali da 1 GW, ma piccole centrali da 0,3 GW di nuova generazione e ultrasicure! Di nuovo, stiamo parlando del nulla. Innanzitutto queste centrali “piccole” sono utilizzate da decenni nel settore militare e non hanno niente di nuovo. L’uso di design e combustibili alternativi per la produzione elettrica civile è ancora un tema da “libro dei sogni” tecnico e autorizzatorio, cioè l’ennesimo argomento impalpabile.
In conclusione, il nucleare può essere un divertente argomento di discussione tra amici, nei forum o al bar. Ma è e resterà sempre un argomento totalmente irrilevante per le prospettive concrete di transizione energetica da qui al 2050. È per questo che ho deciso, da anni, di lasciar perdere.
Davvero non mi capacito del fatto che si debbano inseguire idee irrealizzabili quando le soluzioni per decarbonizzare il sistema elettrico non solo esistono già, ma sono veloci da installare, sicure, affidabili ed economicamente imbattibili.
Se siete abbonati a Sapere, è inutile che vi ripeta di cosa si tratta. Non so che dire: convincete altri a farlo. Anche nei Ministeri.
Intanto, godetevi questo numero speciale sull’astrofisica curato da Patrizia Caraveo, magari pensando che le stelle sono un bellissimo esempio di fusione termonucleare, anche se per noi inarrivabile.