Sapere 3/2021
Sulle tracce del gatto di Schrödinger nel silenzio cosmico
di C. Curceanu e K. Piscicchia
Come funzionano i motori di ricerca
intervista di Tommaso Castellani a Giorgio Taverniti
Fotografie di antimateria: storie di positroni in medicina
di Veronica Ferrero
La fillosfera: i batteri che migliorano la qualità dell’aria
di Andrea Franzetti e Isabella Gandolfi
Il dialogo tra muscoli e cervello: perché l’esercizio fisico ci fa stare bene
di Agnese Mariotti
Gli articoli
EDITORIALE
La misura del benessere
di Nicola Armaroli
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newsa cura di Luigi Minervini
ARTICOLI
FISICA
Sulle tracce del gatto di Schrödinger nel silenzio cosmico
di Catalina Curceanu e Kristian Piscicchia
TECNOLOGIA
Come funzionano i motori di ricerca
intervista di Tommaso Castellani a Giorgio Taverniti
FISICA MEDICA
Fotografie di antimateria: storie di positroni in medicina
di Veronica Ferrero
AMBIENTE
La fillosfera: i batteri che migliorano la qualità dell’aria
di Andrea Franzetti e Isabella Gandolfi
BIOLOGIA
Il dialogo tra muscoli e cervello: perché l’esercizio fisico ci fa stare bene
di Agnese Mariotti
SCIENZA A SCUOLA
Il laboratorio di fisica ai tempi della DAD e oltre
di Armando Pisani
STORIE DI SCIENZA
La breve, lunga storia dei vaccini anti-Covid
di Vincenzo Palermo
STORIE DI...
Fritz Zwicky e la scoperta della “materia oscura”
di Francesco Cappellani
RUBRICHE
FISICA? UN GIOCO
Un lungo viaggio
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Doline “sismiche” in Croazia
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Napoleone, matematico
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Il soffiatore di vetro
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COSCIENZIAT@
Piano nazionale PNRR: obiettivo–184
di Marco Cervino e Cristina Mangia
LA FORMULA
Portarsi avanti
di Tommaso Castellani
molecole in cucina
Sospensioni per divisione, per costruzione… o per soluzione
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Richiamo nomade
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Memoria e perspicacia
di Ennio Peres
SCIENZA LIGHT
LIBRI
IL RACCONTO
La scatoletta
di Gianfranco D’Anna
bufale e misteri
I cerchi delle fate
di Monica Marelli
SCIENZA DA TAVOLO
Come sopravvivere su un’isola deserta
di Marco Signore
GRAPHIC NOVEL
CRISPR CAS9 - Editing genomico
di Alessandra Procaccio
LA MAPPA
Guarire i ciliegi
La misura del benessere
Nicola Armaroli
Nei primi anni ’30, l’economista Simon Kuznets fu il motore di una serie di studi voluti dalla Casa Bianca per fornire un indice numerico che potesse indicare in modo semplice la salute economica del Paese. L’esigenza nasceva dal caos della Grande Depressione, quando la mancanza di dati e indici impedì di seguire l’andamento della febbre economica. Quando Kuznets introdusse pochi anni dopo l’indice GDP (Gross Domestic Product) – per noi PIL (Prodotto Interno Lordo) – fu il primo a mettere in guardia da un utilizzo inappropriato della sua creatura.
Si tratta infatti solo di una misura del valore dei prodotti e dei servizi generati in una nazione, che non deve essere usata per misurare il benessere sociale e persino economico di un Paese. I motivi sono ovvi, ma è utile ricordarli. Se ci sono ad esempio più incidenti stradali, il PIL cresce perché fatturano assicurazioni, carrozzieri, ospedali, centri di riabilitazione, pompe funebri e fiorai. È difficile però pensare che questo generi un progresso del benessere nazionale.
Sono passati 80 anni e la raccomandazione di Kuznets, premio Nobel per l’Economia 1971, è ancora inascoltata. Il PIL resta il parametro principe per misurare la salute di un’economia e, surrettiziamente, il benessere di una nazione.
Sono stati proposti altri indici per meglio descrivere il progresso globale di un Paese – come HDI (Human Development Index) e GPI (Genuine Progress Indicator) – ma spesso restano una curiosità accademica. Interessante anche il GEP (Gross Ecosystem Product), un parametro che definisce il contributo della natura all’attività economica. È stato applicato alla regione cinese del Qinghai, dove nascono Mekong, Yangtze e Fiume Giallo, tre corsi d’acqua che tengono letteralmente in vita miliardi di persone. Solo recentemente il PIL del Qinghai ha superato il suo altissimo GEP. Se in futuro la forbice dovesse aumentare, potrebbe essere la spia di un impoverimento delle risorse naturali, che metterebbe a rischio la crescita economica di quell’immenso bacino nel lungo termine. In pratica: addio PIL.
Il mondo sta cambiando rapidamente e dobbiamo misurarlo meglio. Il PIL globale continua a crescere, ma le disuguaglianze tra le nazioni e all’interno dei singoli Stati aumentano. La disparità nell’accesso ai vaccini è l’ultima chiamata per prendere atto che non è più sufficiente essere ricchi per sentirsi al sicuro. È utile misurare il PIL, ma solo se misuriamo anche l’aumento o la diminuzione delle risorse naturali, un migliore o un peggiore accesso all’istruzione, una maggiore o inferiore coesione sociale. E tanto altro.
Da mesi discutiamo di Recovery Fund. Il piano inviato di recente a Bruxelles è solo il quadro generale di riferimento. Ora dobbiamo decidere quali progetti realizzare e quali scartare. Occorre soprattutto scegliere – adesso – le opere che miglioreranno davvero il benessere dei nostri figli e nipoti, perché il piano avrebbe esattamente questo scopo e non altri. Purtroppo sinora la discussione è piuttosto deludente: trionfano sui media economisti e opinion maker che snocciolano con entusiasmo previsioni di aumento del PIL fra 1, 5 o 10 anni, grazie ai fondi investiti. Anche il governo non si è mostrato particolarmente originale nel tentare di suggerire, almeno in questa occasione, metriche o prospettive diverse.
La montagna di soldi che ci apprestiamo a spendere è per il 65% un prestito e, in gran parte, saranno figli e nipoti a doverlo onorare. Riusciremo, al termine di questa impresa, a risparmiare loro la beffa di un’Italia forse più ricca di PIL, ma più povera di tutto il resto?
Nei prossimi mesi aiuterà ricordare quanto disse Bob Kennedy nel 1968, solo tre mesi prima di essere assassinato: «Il PIL misura tutto, eccetto quello che rende la vita veramente degna di essere vissuta».